Paolo Di Canio, un ribelle a Celtic Park

Ci sono litigate e litigate.
Quella famosa durante la tournée asiatica nell’estate 1996 del Milan con Fabio Capello, al quale disse in spogliatoio durante l’intervallo di una partita:
“me ne torno in hotel, ma non perché me lo stai imponendo tu, lo faccio solo per non vedere più la tua faccia di c…o!”
cambiò radicalmente la vita di Paolo Di Canio.
Si, perchè nei giorni successivi, assieme al suo agente Moreno Roggi, Paolo volò a Glasgow con uno dei jet privati di Silvio Berlusconi per concludere la trattativa con il Celtic, che lo acquistò per 800.000 sterline. Decisamente un buon affare per i biancoverdi. E da quel momento Di Canio disputò 8 stagioni consecutive nel Regno Unito.
UN APPROCCIO ESALTANTE

L’impatto con Glasgow non fu esaltante, visto che la città si presentava fredda e piovosa.
Quello con Celtic Park fu invece strepitoso. Il manager dell’epoca, il grande Tommy Burns, presentò a Paolo subito la storia e le strutture del Celtic. E fu amore a prima vista, nonostante Di Canio non capisse una sola parola di quello che quel giorno Burns gli disse: oltre a non masticare bene l’inglese, l’accento spiccatamente glasvegiano del manager fece il resto.
Poi ci fu la presentazione ufficiale ai tifosi. Beh, se già con Burns fu amore a prima vista, con i tifosi le cose andarono, se possibile, ancora meglio. Quando il talento romano uscì dal tunnel di Celtic Park, gli venne il dubbio che quella marea di tifosi con le maglie a strisce orizzontali bianche e verdi stesse aspettando un altro giocatore, probabilmente un campione. Poi, quando sentì il boato della folla che inneggiava “Paolo! Paolo! Paolo!”, capì che tutte quelle persone erano andate a Celtic Park per lui e si commosse, soprattutto vedendo la reazione del popolo biancoverde quando pronunciò la semplice frase che l’addetto stampa gli suggerì:
“Il Celtic è un grande club per cui giocare!”
A PARTI INVERTITE…
Non era propriamente così. Intendiamoci, il Celtic era un grande club e aveva vinto 35 titoli di Scozia, ma a differenza dei giorni nostri, con gli Hoops alla caccia del loro decimo titolo consecutivo, all’epoca a farla da padrone erano i Rangers, che avevano appena conquistato il loro ottavo titolo di fila, condito dalla vittoria della sempre importante Scottish Cup.
Di Canio si accorse subito che il gap tecnico con l’Italia, in modo particolare con il Milan, era importante.
Durante un allenamento mattutino dopo un mese dal suo arrivo al Celtic, Di Canio impazzì letteralmente all’ennesimo passaggio sbagliato dei suoi compagni, mandandoli ripetutamente a quel paese e dichiarando a gran voce che il Celtic soccombeva sempre al cospetto dei Rangers semplicemente perchè i suoi compagni erano degli scarsoni.
Fu l’unica volta in cui Tommy Burns si arrabbiò con lui, cacciandolo inevitabilmente dal campo di allenamento.
Senza nemmeno passare dagli spogliatoi, Paolo si mise in marcia a piedi verso Celtic Park, che dista 2 miglia circa dal campo di allenamento dell’epoca, Barrowfield. Sapeva in cuor suo che quasi sicuramente non avrebbe più giocato con il Celtic, ma una volta arrivato a Paradise si trovò di fronte un Tommy Burns disperato e comprensivo, che gli implorò di non abbandonare il club. Paolo si emozionò di fronte ad un gesto di una grande persona in grado di mettere da parte il suo orgoglio e i due si abbracciarono.
UNA STAGIONE CON LUCI E OMBRE

Di Canio in Scozia si trovò benissimo, legando moltissimo con i suoi compagni di squadra e con i suoi tifosi.
Fu la sua seconda stagione più prolifica in carriera, realizzando ben 15 gol di campionato e coppe.
A livello personale le soddisfazioni furono diverse: al suo esordio a Kilmarnock entrò a mezz’ora dalla fine con i Killie in vantaggio 1-0, segnò la rete del momentaneo 1-1 e fornì i 2 assist per l’1-3 finale.
Ad Aberdeen invece a 8 minuti dalla fine realizzò una rete spettacolare nel decisivo 1-2 del Celtic.
Il problema è che il Celtic non riuscì a vincere nulla per il secondo anno consecutivo e i Rangers vinsero il nono titolo di Scozia di fila. La cosa incredibile è che, nonostante i Rangers vinsero tutti e 4 gli Old Firm, i punti di distacco a fine campionato furono solo 5, con l’unico gol stagionale nel sentito derby dal Celtic che fu realizzato proprio da Di Canio ad Ibrox.
In Scottish Cup il Celtic trovò i Rangers nei quarti e questa volta vinse per 2-0, con reti di Mackay e, ovviamente, Di Canio. Ma non servì a molto perchè in semifinale i biancoverdi persero incredibilmente al replay contro il modesto Falkirk.
PROMESSE NON MANTENUTE

Di Canio era fermamente convinto di restare a Glasgow anche nella stagione successiva, nonostante l’astinenza da trofei.
Anzi, avrebbe firmato un contratto a vita con il Celtic, dato che a Paradise aveva trovato la sua dimensione.
Il problema è che si scontrò con il proprietario degli Hoops, Fergus McCann, che, al momento della firma del contratto nel 1996 aveva promesso a Di Canio di rivedere le cifre nell’estate successiva, qualora le cose fossero andate bene.
Dopo che Paolo venne eletto giocatore dell’anno dai suoi colleghi, come d’accordi andò a bussare alla porta del suo Presidente che, per tutta risposta, negò di avergli fatto queste promesse.
A malincuore, Di Canio chiese la cessione: rimase in Gran Bretagna, anche se a sud del Vallo di Adriano, precisamente a Sheffield, sponda Wednesday.
Fu un addio a malincuore: il Celtic e la Scozia gli sono rimasti veramente nel cuore.