Matt Busby, il mito che visse tre volte

«Il 90% dei giocatori britannici confessa che vorrebbe giocare nello United. L’altro 10% è costituito da bugiardi»

– Matt Busby –

Chi è il manager più vincente della storia del Manchester United? Senza ombra di dubbio Alex Ferguson. Risposta scontata. Ma Alex non è stato l’unico manager scozzese che ha lasciato il segno nel club di Old Trafford, anzi, secondo alcuni prima di lui ce n’è stato uno più grande. Anche se questo non lo possiamo giudicare, una cosa però va detta: nei primi anni di carriera a Manchester per Ferguson, il suo mentore fu Matt Busby.
Senza quest’ultimo il Manchester United non sarebbe probabilmente diventato uno dei 2 club più vittoriosi di Inghilterra e probabilmente nemmeno Alex Ferguson sarebbe stato così vincente.

Il ragazzo che ha messo Manchester sulla mappa del mondo del calcio

Matt Busby con la maglia del Manchester City (foto City till I die)

Matt Busby è nato il 26 maggio 1909 in un cottage di minatori con due camere, nel villaggio minerario di Orbiston, Bellshill, nel Lanarkshire. Il giorno della sua nascita il medico disse alla madre di Busby “Un calciatore è entrato in questa casa oggi”. Il padre morì in un combattimento durante la prima guerra mondiale e la madre si trasferì negli Stati Uniti. Pochi giorni prima di seguirla negli States, Matt ricevette la chiamata per un provino per il Manchester City, dopo essere stato scartato sia dal Celtic che dai Rangers.
Ironia della sorte, prima di diventare manager del Manchester United, Busby militò in due squadre in carriera: il Manchester City (con cui vinse una FA Cup) e il Liverpool (con il quale giocò poco perchè dovette partire per la seconda guerra mondiale). Incredibile ma vero.
Una volta tornato a casa dal conflitto nel 1945, ricevette la proposta del Liverpool non solo per giocare ancora con i Reds, ma anche per diventare assistant manager. La risposta di Busby fu eloquente:

“Ho l’opportunità di diventare l’allenatore del Manchester United, durante i miei giorni al City ho avuto modo di apprezzare quella città che mi attrae particolarmente”

– Matt Busby ai dirigenti del Liverpool –

Un manager rivoluzionario

I Busby Babes (foto Soccer, football o whatever)

Per 15 sterline a settimana (ed un contratto di ben 5 anni visto che Busby voleva avere il tempo necessario per mettere in atto la sua idea di calcio rivoluzionario), il compito non fu certamente dei più facili già dall’inizio, visto che Busby aveva il desiderio di costruire una squadra vincente partendo dalle macerie dell’Old Trafford, distrutto dai bombardamenti tedeschi durante la guerra.
Perchè era un tecnico rivoluzionario? Busby voleva che la squadra e il manager fossero una sola unica, fu il primo allenatore ad indossare la tuta al posto della giacca, durante gli allenamenti si vestiva con lo stesso completo che avevano i giocatori, aveva una personalità trascinante e coinvolgente, amava il calcio ed aveva un fortissimo desiderio di vittoria. Sotto l’aspetto prettamente sportivo, sapeva lavorare molto bene con i giovani, scovandoli, facendoli crescere e valorizzandoli.
Nelle prime 6 stagioni in panchina (4 delle quali disputate a Maine Road, casa del Manchester City), Busby sfiorò ripetutamente il titolo, arrivando per ben 5 volte secondo ma vincendo una FA Cup battendo per 4-2 in finale il Blackpool; al settimo tentativo arrivò anche il suo primo titolo d’Inghilterra, il terzo per il club, al termine di un lungo testa a testa con le londinesi Tottenham e Arsenal.
La squadra però aveva un’età media molto alta e quindi Busby, dopo la League Cup vinta nel 1953, decise per la rivoluzione: i giocatori un po’ stagionati vennero man mano sostituiti da ragazzini di 16-17 anni. Bill Foulkes, Mark Jones, Jackie Blanchflower, Albert Scanlon, David Pegg e soprattutto Duncan Edwards: nacquero i Busby Babes, una macchina praticamente perfetta fondata su giocatori giovanissimi e talentuosissimi, forgiati a dovere da Busby che li organizzò in campo, gli diede una precisa idea di gioco e li fece crescere gradualmente. Anzi, mica tanto gradualmente visto che i risultati arrivarono praticamente subito: il giovane Manchester United vinse il titolo d’Inghilterra nel 1956 e nel 1957 con una squadra che aveva un’età media di 21-22 anni, cosa mai successa nè prima nè dopo.

Death and rebirth (2 volte)

Il disastro aereo di Monaco di Baviera (foto Sky News)

Il destino a volte però è veramente beffardo: dopo aver iniziato a dominare in Inghilterra, il sogno di Busby e dei suoi ragazzi era quello di iniziare a vincere anche la Coppa dei Campioni. Dopo l’eliminazione del 1957 in semifinale contro il Real Madrid, il 1958 sembrava essere l’anno giusto, la squadra era forte e consapevole dei propri mezzi, Busby poi era stato incaricato dalla federazione a guidare la Scozia ai mondiali di Svezia, ma la notte del 6 febbraio 1958 cambiò tutto.
Il Manchester United stava tornando da Belgrado dopo aver eliminato la Stella Rossa nei quarti di finale di Coppa dei Campioni e l’aereo fece scalo a Monaco di Baviera per un rifornimento sotto una fitta nevicata. Dopo due tentativi falliti di decollo a causa delle pessime condizioni della pista, l’aereo si sollevò prima di schiantarsi al suolo. Fu una vera e propria tragedia, dove morirono 23 persone tra cui 8 giocatori.
Sul colpo morirono i calciatori Roger Byrne (25 anni), Mark Jones (24), Tommy Taylor (26), Eddie Colman (21), Liam Whelan (22), David Pegg (22) e Geoff Bent (25). Duncan Edwards, fuoriclasse della squadra e che molti consideravano addirittura più forte di Best, riuscì a sopravvivere, ma morì 15 giorni dopo per complicanze ai reni.
Bobby Chalton, all’epoca 20enne, si salvò per miracolo, mentre Busby riportò molte ferite, i medici non gli davano tante speranze, tanto che gli venne impartita per due volte l’estrema unzione ma riuscì a sopravvivere. Era distrutto moralmente, era un secondo papà per quei ragazzi, pensò addirittura di ritirarsi dal calcio visto il forte dolore, ma alla fine decise di continuare.

George Best e la gloria europea

George Best e Matt Busby (foto Daily Record)

“Credo di aver trovato un genio”

– Lo scout Bob Bishop parlando di George Best a Matt Busby

Busby fu costretto all’ennesima rivoluzione, puntando sui calciatori superstiti, tra i quali Harry Gregg, Bobby Charlton e Bill Foulkes e acquistò giocatori del calibro di David Herd, Albert Quixall e soprattutto Denis Law.
Ma l’uomo della rinascita fu George Best, scovato da Bob Bishop a Belfast.
La ripartenza fu un po’ più lenta rispetto a quella del 1954, ma i risultati sperarono arrivarono: nel 1963 i Red Devils vinsero l’FA Cup, nel 1965 e nel 1967 arrivarono altri due titoli di campione d’Inghilterra.
Ma soprattutto, nel 1968 arrivò la consacrazione europea, grazie alla vittoria in finale ai supplementari contro il Benfica di Eusebio a Wembley per 4-1, con un doppietta di Bobby Charlton e reti di Best e Kidd: il Manchester United era finalmente diventato campione d’Europa.
Foulkes e Charlton non riuscirono nemmeno a festeggiare, visti i pensieri a chi non c’era più. Matt Busby in parte ci riuscì e quella notte la sua carriera da allenatore finì. Ci volle un altro anno prima che la scelta diventasse definitiva: aveva finalmente saldato il debito con i suoi Babes e non aveva più nulla da chiedere al calcio.
Nel 1969 si ritirò, assumendo la carica di general manager, mentre nel giugno del 1968 fu insignito del titolo di cavaliere dalla regina. Rimase sempre all’interno del Manchester United: dopo la carica di general manager diventò presidente dal 1979 fino al giorno della sua morte il 20 gennaio 1994, quando venne stroncato dalla leucemia.
Busby scrisse la storia del Manchester United con 11 trofei in 25 anni, ma limitare il suo contributo ai Red Devils al calcio giocato è veramente limitante, perchè Matt Busby è stato un mito che è riuscito a sconfiggere il destino.