Kilmarnock, un crollo disatteso

Gli spareggi sono, assieme alle finali, le sfide più emozionanti a livello calcistico.
Si può passare dalla depressione e dalla delusione più totale nel giro di pochi minuti. O viceversa. Come nel caso del Kilmarnock, che dopo l’arrivo di Tommy Wright in panchina sembrava destinato a salvarsi direttamente, mentre è stato costretto ai playoff (in Scozia si chiamano così perchè la penultima di Premiership si scontra in finale contro chi vince la semifinale tra la seconda e la terza o la quarta di Championship) per rimanere in categoria, perdendo con un doppio 2-1 e salutando la Premiership dopo 28 anni di onorata militanza.
Quali sono i motivi della retrocessione di una squadra che appena due anni fa ha partecipato ai preliminari di Europa League?

Orfani di Steve Clarke

Il giorno dell’addio di Steve Clarke a Rugby Park (foto The Times)

Occorre ovviamente fare un passo indietro. Stagione 2017/18. Dopo la sconfitta casalinga contro il Ross County, il Kilmarnock è all’ultimo posto con 3 punti dopo 8 partite. Il club licenzia Lee McCulloch e dopo pochi giorni ufficializza Steve Clarke. L’impatto è immediato: pareggi esterni in casa di Rangers e Celtic. Il 3 febbraio 2018, il Kilmarnock infligge proprio al Celtic una delle due sconfitte in campionato e chiude la stagione con un ottimo quinto posto in classifica.
I Killie continueranno l’ottimo ruolino di marcia nella stagione successiva, battendo nuovamente il Celtic, terminando da imbattuti contro i Rangers (2 vittorie e 2 pareggi), concludendo con un ottimo terzo posto che riporterà il club in Europa dopo 18 anni di assenza.
Clarke, che vincerà il premio di manager dell’anno sia per i giornalisti per l’associazione calciatori, lascerà il Kilmarnock il giorno dopo dell’ultima partita stagionale contro i Rangers. Destinazione: nazionale scozzese.

Una lenta decadenza

Angelo Alessio non ha lasciato il segno a Kilmarnock (foto Sky Sports)

Da questo momento sono iniziati i problemi per i Killie. Al posto di Clarke arrivò Angelo Alessio, allenatore italiano ed ex vice di Conte al Chelsea, ma si sa che in Scozia i manager stranieri non vengono visti benissimo. Il Kilmarnock è stato clamorosamente eliminato al primo turno preliminare di Europa League dai modesti gallesi del Connah’s Quay Nomads e in campionato non è riuscito a ripetere la meravigliosa stagione precedente, ma comunque i risultati erano tutt’altro da buttare. Eppure, con la squadra al quinto posto in classifica, Alessio è stato esonerato nel mese di dicembre.
Al suo posto è arrivato Alex Dyer, che, risultati alla mano, ha fatto peggio del tecnico italiano e il Kilmarnock ha chiuso la stagione (anticipatamente vista la pandemia) con un modestissimo ottavo posto.
Dyer è stato confermato, un po’ a sorpresa, anche in questa stagione. I risultati non hanno dato ragione al club: dopo 7 vittorie, 3 pareggi e ben 17 sconfitte, il Kilmarnock ha esonerato Dyer per cercare di salvare la stagione.
Al suo posto è arrivato Tommy Wright, ex manager storico del St Johnstone. L’inizio non è stato dei migliori, con appena 1 punto nelle prime 5 partite che ha fatto precipitare la squadra all’ultimo posto, ma un buon finale di campionato (11 punti nelle ultime 6 partite) ha quantomeno evitato la retrocessione diretta. La sconfitta di Motherwell ha però condannato, come detto, la squadra ai playoff. Doppia sfida persa sia in casa che in trasferta: dopo 28 anni il Kilmarnock è precipitato in Championship.

Un ricambio mai avvenuto

Il gol del 2-0 di Lee Ashcroft del Dundee che nel ritorno della finale ha chiuso la pratica (Photo by Ian MacNicol/Getty Images)

E’ singolare notare che, rispetto all’ultimo 11 titolare di Clarke, il Kilmarnock ha perso appena 4 giocatori: il portiere Jamie MacDonald (passato al Raith Rovers in Championship), i terzini Stephen O’Donnell (passato al Motherwell) e Greg Taylor (passato al Celtic) e il centravanti Eamonn Brophy (passato al St Mirren). Per il resto, la base di squadra è la stessa, con l’aggiunta a febbraio anche di un grande centravanti come Kyle Lafferty che in 13 partite stagionali ha realizzato 13 gol in 13 partite.
Probabilmente il problema più grande è stato l’addio di un manager come Steve Clarke: i suoi successori, Alessio e Dyer su tutti, non sono stati all’altezza soprattutto dal punto di vista carismatico. Wright non ha avuto tanto tempo per prendere in mano la situazione (il licenziamento di Dyer doveva probabilmente arrivare al termine della passata stagione) e l’ottimo finale di campionato è stato tardivo.
Altro grosso problema per i Killie è stata la fragilità difensiva: al di là dei 54 gol subiti in 38 partite di campionato, fanno riflettere i 4 gol subiti in 180′ da un club di Championship. Probabilmente sono finiti i tempi d’oro anche per Kirk Broadfoot, la cui, seppur ottima, carriera sembra destinata alla fine, essendo vicino alle 37 primavere. Anche gli altri difensori (il giovane Zeno Ibsen Rossi, in prestito dal Bournemouth e i modesti Calum Waters, Ross Millen, Aaron McGowan e Zech Medley) non all’altezza della situazione, eccezion fatta per il bravo terzino sinistro danese Brandon Haunstrup.
Non che dalla cintola in su le cose siano andate meglio: il centrocampo storico, formato da Gary Dicker e Alan Power, sembra ormai a fine ciclo e i congolesi Youssouf Mulumbu e Aaron Thisbola non si sono confermati sui buoni livelli delle prime stagioni. Hanno fatto bene gli esterni Chris Burke e Mitchell Pinnock e il trequartista Greg Kiltie, ma un grande problema è stato il rendimento modestissimi dei centravanti Nicke Kabamba, George Oakley, Danny Whitehall e per metà stagione di Eamonn Brophy: probabilmente se Kyle Lafferty fosse arrivato prima, i Killie si sarebbero salvati.
Con i se e con i ma non si va da nessuna parte e la realtà è che il Kilmarnock deve leccarsi le ferite e ripartire dalla Championship.